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Accade molto spesso che le persone siano attratte da persone  inquadrabili come “tossiche” poiché risultano essere dannose per l’equilibrio e benessere emotivo.

Vediamo 4 motivi del perché ci ritroviamo spesso accanto a persone tossiche:
  • Ricerchiamo Affetto: i motivi che ci spingono ad interessarci a persone dannose per noi sono complessi. Uno di questi può essere la ricerca spasmodica d’affetto da parte di coloro che si manifestano come poco affettivi. Un paradosso? Esattamente. Inconsapevolmente spesso si ricerca affetto da chi non riesce a darlo per poter “guarire insieme” le ferite emotive del passato; tuttavia questa è una pura idealizzazione ed illusione che ci porta a restare delusi e sofferenti.
  • Replica di dinamiche famigliari: ossia, il richiamo alle dinamiche già note e conosciute della propria famiglia di origine. Infatti, spesso il nostro ambiente famigliare d’origine può plasmare le nostre aspettative in merito alle relazioni “che ci spettano”. Se cresciuti in un ambiente confuso e non funzionale potremmo ricercare inconsciamente le stesse dinamiche; questo non è necessariamente per ricercare sofferenza, ma per ritrovare una dinamica famigliare riconosciuta e abituale.
  • Bassa Autostima: individui con bassa autostima tendono a sentirsi meno degni di amore ed affetto, per questo potrebbero stringere più facilmente legami con persone che confermino tale visione negativa di sé. Se abbiamo a che fare con un partner tossico, egli potrà sfruttare tale fragilità a suo vantaggio usando la manipolazione e incentivando un rapporto di dipendenza affettiva e di controllo.
  • Paura dell’abbandono: la paura dell’abbandono e la conseguente necessità di evitare la solitudine possono fortemente incentivare relazioni di dipendenza affettiva. Spesso, pur riconoscendo che il partner a cui ci siamo legati non è adatto alle nostre esigenze, decidiamo di restare in un rapporto dannoso poiché la prospettiva della solitudine ci sembra ancora più spaventosa e non tollerabile.  
RICORDA:

Sviluppare una buona consapevolezza in merito a chi siamo, quali sono le nostre “eredità famigliari e che tipo di dinamiche ci attraggono è fondamentale per comprendere cosa possiamo realmente ottenere; così come lavorare sull’autostima gioca un ruolo fondamentale per coltivare relazioni sane e costruttive.

Se hai dei dubbi, poi, la mossa più veloce ed efficace è rivolgerti ad uno Psicologo che saprà insegnarti ad analizzare le situazioni ed i pensieri.

Come Psicologa, durante le Consulenze di Coppia consiglio spesso letture ed esercizi da fare insieme per ritrovare l’unione e non sprecare l’Amore. Oggi riporto una preghiera indiana che descrive e muove le buone intenzioni di un sentimento gentile e fedele.

Amami ma non fermare le mie ali se vorrò volare…
non chiudermi in una gabbia per paura di perdermi.

Amami con l’umile certezza del tuo Amore ed io non andrò più via
e se sarò in un cielo lontano ritroverò la strada del tuo pensiero
e se sarai con me ti insegnerò a volare
e tu mi insegnerai a restare.

Amami con ogni parte di te perché io possa appartenere all’anima e non al corpo quando ti abbraccerò o bacerò le tue forme.
Amami senza nascondere quella tenerezza che ti fa bambina sulle mie pupille e non vergognarti mai se ti dirò “Ti amo”.

Amami qualunque sia l’aspetto che assumerà il nostro Amore o il luogo in cui ci scambieremo un altro sguardo.
Amami anche se ti sembrerà selvaggia la mia passione ed i miei modi a volte risulteranno bruschi o forti.

Amami per quello che sono ed io ti seguirò lungo i passi della dolcezza e proteggerò dal mondo la tua fragilità.
Amami e accompagnerò ogni tuo gesto senza bisogno di parole.

Amami un po’ di più di quanto non chiederò al tuo cuore perché lo stesso farò io camminandoti accanto.
Amami e non guardare il mio aspetto trasandato o le mie forme che non sanno di bellezza;
non indugiare sul colore dei miei occhi o su ciò che mi fa grande o piccolo o debole o forte.

Amami per ciò che vedi ad occhi chiusi o per quello che senti quando resto in silenzio nelle tue mani stretto; amami per questo e non per le cose che la gente dirà di me.
Amami perché lo vivi il nostro Amore e non farne un bisogno per non sentirti sola e nemmeno per convincerti che sarà per sempre.

Amami ogni giorno come se davvero fosse unico ma non l’ultimo…
solo così ogni volta conoscerai la mia bellezza.

Preghiera Indiana

non litigare davanti ai bambini

Ormai molti educatori, sociologi, pedagogisti e psicologi hanno unito le loro conoscenze per evidenziare quanto sia dannoso per i bambini che mamma e papà litighino davanti a loro.

Cosa c’è di vero in questi studi e come possono aiutare nella vita di tutti i giorni?

Di sicuro, per un figlio assistere ad una guerra genitoriale rappresenta una situazione stressante, che può portare angoscia e paura; inoltre, nel bambino possono subentrare pensieri negativi in merito ad un potenziale abbandono famigliare da parte di uno dei due genitori e, per reazione, il piccolo imparerà a “essere grande” prendendosi cura degli adulti e cercando di fare da paciere.

Tuttavia, lasciando da parte i casi più estremi di maltrattamento famigliare a livello verbale e fisico, nelle altre circostanze, le emozioni negative avvertite dai più piccoli davanti ad un “normale” litigio, non sono sempre dannose.

Crescere, significa anche scontrarsi con la realtà delle relazioni umane ed è cosa comune, nella vita di tutti i giorni, arrivare a confrontarsi con l’altro, se in disaccordo. L’ambiente famigliare deve fornire un contesto protetto e adeguato per sperimentare cosa significa la rabbia; cosa potrebbe accadere scontrandosi per differenza di vedute; in che modo sia possibile riappacificarsi.

Il compito di un “buon genitore” non è quello di non litigare mai davanti ai figli e non corrisponde all’idea di non manifestare rabbia con il proprio partner in presenza dei più piccoli. Ciò che contraddistingue una mamma ed un papà che vogliono crescere serenamente il proprio figlio, sono le modalità di discussione.
Anche arrabbiarsi e litigare, sono attività che possono fornire degli esempi per la crescita del bambino; se non imparerà a casa come manifestare la rabbia correttamente, prenderà a modello atteggiamenti esterni (Tv, compagni di classe, altri adulti significativi..) per comprendere come vivere le emozioni negative in una relazione.

Quello che possiamo fare come adulti per educare nostro figlio a gestire i conflitti è:
– naturalizzare la rabbia come un qualsiasi altro sentimento, aiutandolo a capire come mantenere la calma, senza esagerare con i toni;
– non colpevolizzare solo la mamma o unicamente il papà sulle cause del litigio, screditando il partner e cercando di rendere il piccolo di parte;
– insegnare il rispetto per il prossimo e l’accettazione delle opinioni altrui;
– prepararlo a chiedere scusa, a dare il perdono e a riappacificarsi senza portare rancori prolungati.

In conclusione, evitare di litigare davanti ai figli non è sempre possibile. La vita di tutti i giorni ci porta ad essere costantemente in contatto con i nostri bambini e per questo, talvolta, può capitare di scontrarsi… Per fortuna!
Infatti, ciò che fa la differenza tra un ambiente sano, da uno dannoso, non è la rabbia nata da un piccolo bisticcio, ma è unicamente la qualità della relazione di coppia. Prima di arrivare ad essere genitori, è fondamentale mantenere una buona complicità di coppia, che fungerà da esempio per il piccolo nei momenti positivi e in quelli negativi, che sono altrettanto inevitabili.

i tuoi occhi possono parlare

Prendendosi del tempo per camminare tra le strade affollate di Amritsar, ci si può rende veramente conto della povertà. Non parlo della miseria che deriva dal non avere un tetto sopra la testa o un pezzo di pane per arrivare a fine giornata; mi riferisco alla presa di coscienza di quanto siano vuoti e tristi la maggior parte degli sguardi che incrociamo ogni giorno nella nostra vita. 

Girovagando fra le strade di qualche piccola città del Nord dell’India, è facile capire come guardare non significa solamente vedere. Ogni occhiata porta con sé il proprio spirito e il desiderio di conoscere quello dell’altro, per intuirne il buono ed il cattivo e per presentarsi totalmente, senza riserve. 

Il saluto Indù, Namaste, significa “mi inchino a quello che c’è di buono (di divino) in te” ed implica la necessità di guardare il proprio interlocutore negli occhi, dandogli fiducia rispetto al fatto che quello che c’è di positivo in lui possa essere un dono per tutti e due.

Nella nostra società, tra genitori e figli, tra marito e moglie, fra amici e in molti rapporti di lunga data, l’importanza dell’intensità di uno sguardo viene spesso tralasciata. I vuoti vengono riempiti da parole e gesti, prestando attenzione a non soffermarsi molto sugli occhi dell’altro.

Negare al proprio figlio, al proprio amato, alla propria madre i nostri occhi, significa lasciarli fuori dai nostri sentimenti; dimostra che non riponiamo la giusta fiducia in chi ci sta accanto, limitando agli altri la nostra conoscenza. Se, al contrario, scegliessimo di compiere un’apertura del nostro mondo interno attraverso i nostri occhi, ci potremmo stupire delle reazioni degli altri; scoprendo il nostro mondo interiore alcuni potrebbero aprirsi a loro volta, intensificando il rapporto che c’è fra noi; altri potrebbero accoglierci e sorprenderci nel loro modo di aiutarci e comprenderci; qualcuno, invece, potrebbe spaventarsi e decidere di ferirci. Quest’ultima reazione altrui è quella che più ci ricordiamo e che maggiormente ci frena nel dischiudere completamente il nostro sguardo, ma ciò che dobbiamo comprendere è che in ogni caso, se decidessimo di guardare e non di vedere, avremmo sempre e comunque ottenuto qualcosa.

Se prendiamo coraggio e decidiamo di soffermare i nostri occhi su quelli di un’altra persona, vuol dire che abbiamo acquisito sicurezza e consapevolezza su ciò che ci portiamo dentro; ossia, abbiamo imparato ad amarci per quello che siamo, con le nostre contraddizioni e le nostre potenzialità, sereni del fatto che chi ci ama, prima o dopo, potrà accogliere pienamente il nostro bagaglio, aiutandoci, a tratti, a trasportarlo.

 

crisi di coppia in vacanza

Quello che rovina il tanto atteso viaggio in coppia non sono i voli cancellati, gli hotel overbooking o il maltempo che rovina i piani; il vero sabotatore delle vostre vacanze siete proprio voi.

Vi è mai capitato di partire immaginando una vacanza di coppia che vi farà rilassare, divertire e rinsaldare la vostra relazione sotto l’influsso positivo di qualche bella località; invece, d’improvviso vi ritrovare travolti da un vortice di litigi, tensioni, nervosismi e recriminazioni?

Cerco di spiegarvi il perché, proprio durante i giorni di vacanza, la coppia va in crisi…

Di recente il gruppo internazionale Club Med ha proposto una ricerca dal titolo: Trouble in paradise, ovvero “guai in paradiso”, dove sotto osservazione non sono le abitudini o i gusti delle coppie in vacanza, quanto i loro litigi. Alla luce di questa ricerca, quel che colpisce, leggendo i risultati, è quanto siano futili i motivi della discordia: la scelta del ristorante della sera, la gita del giorno dopo, la lettura della cartina, il tempo speso in bagno e per cambiarsi d’abito. 

Le discussioni in vacanza sembrano scaturite da dei pretesti per poter litigare, più che da validi motivi che portano al confronto. Non è certo la vacanza la causa del malcontento, ma la questione è ben più complessa e, alla base di essa, vi sono le enormi aspettative che, dopo un anno di stress sul lavoro, sui budget familiari, sulla gestione della casa, si riversano su questa pausa.
Irrealisticamente non si vede l’ora di fuggire dalle difficoltà del quotidiano ma, quando il momento arriva, si parte troppo stanchi, tesi e con un carico di emozioni compresse eccessivo, tutto da smaltire.
Sicuramente la chiave vincente per poter evitare scontri inutili è una certa dose di spirito di adattamento e di senso di libertà, che consentano di mollare la presa dell’organizzazione compulsiva, per lasciare che le cose vadano in modalità slow, come dovrebbe essere in una vacanza.

Inoltre, un errore che appesantisce la precaria situazione resta quello di guardare il proprio partner alla luce di qualche bella località turistica, avendo la pretesa che lui/lei sia sempre straordinario. Si rifugge dall’idea che il sentimento richieda impegno anche se si è in vacanza, perché tutto è già così difficile durante la routine quotidiana, e si vorrebbe che le ferie potessero ripagare di questo anno di fatiche, altrimenti subentra la delusione.

Allora come giocarsi nel migliore dei modi l’opportunità di partire insieme, ma soprattutto ritornare, insieme?

Vi consiglio di lasciare fuori dalla valigia:
– il perfezionismo,
– le manie organizzative,
– la scarsa tolleranza,
– le nemiche-aspettative.

Invece è fondamentale portare con sé:
-la disponibilità a sperimentare,
-l’apertura verso i bisogni del nostro partner,
– il desiderio di concentrarsi su di noi stessi,
-la voglia di condividere come coppia.

“Come riesco a capire se mi sto innamorando davvero e se sto riponendo i miei sentimenti sulla persona giusta?”

Questa domanda mi viene fatta spesso da pazienti o da amici e conoscenti, che sanno di poter parlare onestamente con me.
Le questioni di cuore sono da sempre le più complicate e le più difficili da gestire, perché coinvolgono le nostre fragilità e insicurezza. L’amore ci rende vulnerabili e ci sentiamo coinvolti in eventi che ci possono far sentire allo stesso tempo vivi, ma impauriti.

Farci trasportare dagli eventi, in un turbine di emozioni che non possono essere controllate, ci rende spesso terrorizzati; il nostro vacillare consente di non vivere a pieno le situazioni, nel tentativo di proteggerci da qualcosa che non è spiegabile.
Generalmente, smettere di vivere l’amore per come ci arriva e cercare di definirlo e contestualizzarlo è una cosa sbagliata, poiché crea uno stato di razionalizzazione che ci fa stare male e ci costringe ad uscire dall’indefinitezza dell’inspiegabile, per rinchiuderci nella claustrofobica stanza del conoscibile.

Ridurre i sentimenti ad una serie di domande e risposte non ha nulla di scientifico e inconfutabile; inoltre, tentare di paragonare l’esperienza attuale con altre relazioni e stati d’animo non ha validità, poiché ogni momento genera qualcosa di originale e sorprendentemente unico, che dipende dalla persona che sei ora (e non eri qualche anno fa) e dall’Altro che hai incontrato.

Ogni emozione, ogni attimo, ogni incontro ed ogni scambio porta pur sempre una crescita che vale la pena di essere vissuta, anche se potrebbe portare ad una nuova ferita. Ciò che fa la differenza e che può rendere più amara o più dolce l’esperienza è il nostro modo di vivere il viaggio: con passi incerti e la paura della strada da percorrere oppure con il sorriso di chi vuole vivere il percorso e non si spaventa davanti agli imprevisti?

Perché l’amore dipende dalla nostra capacità di reinventarsi e di essere creativi, senza ansie o paure, ma accogliendo quello che ci viene trasmesso; lasciandoci trasportare dal fiume dei sentimenti, che ci consente non solo di vivere qualcosa di potente, ma anche di arrivare più in profondità nella conoscenza di noi stessi.